Il perugino
La storia dei peruginai e del peruginoIl Perugino e i peruginai
I primi regolamenti di questa professione che riguardano anche Pietrasanta, troviamo negli archivi storici lucchesi, risalgono al governo di Castruccio Castracani Antelminelli ovvero a circa settecento anni orsono.
Si tratta dei commercianti di liquami dei “pozzi neri”, quel liqiudo che anche in alcuni posti Toscani i villici “raffinati” chiamano “bottino”.
Il “PERUGINO ” di Pietrasanta era rinomato, ricercato, quasi prezioso.
Ovviamente si usava per concimare i terreni, ma era ricco e “grasso”, tanto che il governo granducale riscuoteva ben mezza lira toscana a botte da perugino mentre la stessa tassa nel ducato ormai Borbonico di Lucca era equivalente alla meta’di quella nostra.
A PIETRASANTA la gente era moderatamente benestante, mangiava polli e conigli, maiali e proteine, anche polenta e vegetali, comunque era molto piu’ ricca di quella dei contadini o di quella di altri luoghi del circondario.
L’acqua per scicquare i gabinetti non usava e quindi i residui organici erano concentrati o poco diluiti, detersivi e carta igenica si dovevano ancora inventare. Questa “ricchezza” dei prodotti biologici naturali (in uscita), era data dal fatto che il lavoro del marmo, dei bronzi, dei ferri da scultura, dava gran benessere ai pietrasantini, quindi di consequenza si nutrivano in genere assai bene.
I “senzali” venivano in citta’ col calessino, si fermavano nelle osterie e contrattavano con i padroni delle vasche sotto le case il prezzo delle botti da riempire. Per darvi un’idea una botte piena, la pagavano intorno a lire toscane 3,50 o 4 a seconda della qualita’. Il sensale ovviamente prima di comperare il “PERUGINO” lo assaggiava con un dito, ovvero dopo aver tirato su dalla fogna un “GITTO” (un barattolo) di perugino, ci ficcavano dentro un dito, poi se lo mettevano in bocca, il “perugino” doveva essere dolciastro e cremoso, se era salato non era buono, se era acquoso, non valeva nulla.
I “peruginai” avevano delle botti oblunghe, basse, portate per pari su dei carri bassi, con quattro ruote di ferro, andavano a caricare la loro mercanzia in tutta la citta’, in genere dopo la mezzanotte, al lume fioco delle lanterne , gitto dopo gitto (conteneva circa quattro litri ) riempivano per bene le loro botti, poi fra lo schioccar delle fruste e dei moccoli di allontanavano fra il “profumo” naturale e il rumore delle ruote di ferro sui piastronati. Partivano insieme ai loro buoi bagnati di sudore e col muso pieno di mosche, i quali lasciavano sulle strade delle “ciotte” monumentali, queste il giorno dopo eran preda di coloro che andavano “per ciotte” con le carriole di legno e i badili dal taglio pari.
Questa antichissima professione sopravvisse fino agli anni 50 del secolo scorso.
Poi detersivi, uso di acque dilavanti, carte igeniche non naturali, resero i liquami totalmente inidonei all’antico uso tradizionale.
I contadini, il “perugino”, se lo producevamo da soli, avevamo dai “camerini” o ” comodi” nelle aje delle case coloniche e per concimare le verdure del loro orto adoperavano direttamente quello “fatto in casa”.
Ho trovato alcuni nomi di “peruginai” pietrasantini. Ve li indico solamente per i loro SOPRANMOMI, non vorrei che i discendenti si adombrassero.
Sono i “CACAFOCHI” i “CULONI”, i “PENDENTINI”, i “MENNI”, erano loro i MONOPOLISTI del PERUGINO pietrasantino.
Monumenti Personaggi Storia Nome Dialetto Soprannomi Modi di dire
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Si chiamava “PERUGINO”, perche’ era il nome del tipo di botte.
Era infatti la botte PERUGINA, OVVERO QUELLA CHE DA SECOLI SI ADOPERAVA ALLE FALDE DEL “SUBASIO” dove il terreno e’ tutto saliscendi e una botte ritta traballerebbe.